lunedì 3 settembre 2012

Lombino ritorna e "nisciuno sta più quieto" !



Ancora un noir napoletano, ancora Arcangelo Lombino in azione!
Rispetto al primo lavoro di Vito Rosario Ferrone, Nucleo Centrale, questo nuovo romanzo che  segue un percorso di ambientazioni, personaggi e storie già definite, ci mette di fronte ad un salto di qualità davvero notevole. È davvero un bel romanzo, che si fa leggere tutto di un fiato, senza ripensamenti, un lavoro costruito in maniera più organica e con un ritmo serrato che  offre maggior sostegno alla trama.
 I flash sulla napoletanità tanto amata dal commissario Lombino e dal suo creatore non sono più momenti di semplice comicità o stereotipi derivati dal passato, ma momenti di una quotidianità leggera, vista, sentita, interiorizzata e raccontata con la giusta misura.
L'umanità e l'intelligenza usata nel  costruire il protagonista, è ancora più consapevole nei tratti di un uomo che Ferrone  chiaramente ama e che gli appartiene nelle sue sfumature più personali.
Gli echi di tanta letteratura  del genere noir, passata e contemporanea, sono meglio interiorizzati e fatti propri, con l'autonomia di una scrittura più matura.
I dialoghi sono incalzanti, serrati e resi ancor più rapidi del pensiero stesso dall'uso di una punteggiatura a tratti insolita.
La storia ha  un intreccio interessante, ma così intricato che ti costringe  all'attenzione, all'essere oltremodo vigile per paura di perdere il filo del racconto o il carattere di un personaggio che spesso appare e poi riappare nella narrazione .
Se in NUCLEO CENTRALE  fa la sua divertente comparsa "il bicchiere d'acqua rimedio universale partenopeo", in RELATIVITà CENTRALE compare un altro topos nel quale ci possiamo riconoscere , "il caffè che calma".
E accanto al caffè compare Maddalena, uno dei personaggi femminili della storia e "una pletora di donne di tutte le età "che le ruota magistralmente intorno.
Il poliziesco di una volta, quelli scritti da uomini seri e legati alla cultura ufficiale, aveva pochi personaggi femminili, talvolta non di primo piano, talvolta poco convincenti.
Attorno al commissario Lombino, le donne invece sono tante, alcune già conosciute tra le pagine del suo primo racconto, altre  novità del nuovo episodio .
Assunta Imperio, Annalisa Imperio, Maddalena  vedova di Scarface, la solita Carmelina, e ancora Rosaria Maffettone, Adriana Ferrigno, la poliziotta  Antonietta, la signora giocatrice instancabile che apre il libro, la madre di Lombino e ancora altre oltre la  perfetta Margherita.
Tra le donne del commissario, Assunta Imperio è forse quella che più mi appartiene come personaggio: qui, in RELATIVITà CENTRALE, più silenziosa ed enigmatica del solito, carica di significati nel suo non fare e non dire. Espressione forse di un dolore  direi quasi universale al femminile, di una sofferenza, di un amore, di una durezza che nasconde la tenerezza innata che le donne, a qualunque ceto o cultura appartengano, riservano solo a chi amano, a chi appartiene loro intimamente, in maniera "carnale", potremmo dire.
Mi chiedo come avrà potuto il nostro autore conoscere così profondamente  questo universo femminile, così variegato, così dolente, così profondo, così vicino e così lontano da un uomo. Gli è bastato osservarlo per capirlo?
Veniamo ad un altro elemento su cui fermare la nostra attenzione di lettori: il tema della legalità. E' un tema importante anche in un libro che non ha la forma di un saggio o velleità che vanno oltre il romanzo poliziesco.
Tutto comincia in NUCLEO CENTRALE, da un gesto di "irragionevole umanità" del commissario verso il dolore di una donna  di camorra, Assunta Imperio. Lombino fa sua  una posizione dal punto di vista giuridico  discutibile, dal punto di vista umano, esclusivamente e profondamente umana. Non a caso non ho voluto usare un aggettivo diverso da umana.
E' il dramma di Antigone che si ripete dalla notte dei tempi, la ragion di stato e la ragione morale che si affrontano facendo sentire  ciascuno le proprie ragioni. Il dramma di chi deve operare delle scelte, di chi deve tener presente le regole della giustizia.
Lombino affronta così quella che lui stesso definisce la sua Notte dell'Innominato, una notte difficile, patrimonio comune di tutti quelli che lavorano con coscienza e che si trovano a fare i conti con i tanti Don Abbondio che sembrano rendere vano ogni sforzo di giustizia.
Parlando di legalità, non viene dimenticato anche un riferimento al mondo della scuola.
L'amore per Napoli di Lombino si unisce  al forte legame con le radici.
Lombino/Ferrone ha "l'intelligenza" del luogo,cioè la qualità della comprensione  del luogo, dell'entrare nei luoghi che ama così come negli animi delle persone/personaggi.
Il nome dell'assassino, naturalmente non si può svelare adesso, ma va letta con attenzione  quella pagina  che offre l'analisi finale dei fatti e  che porta Lombino a scoprire quel nome, un'analisi felice, lucida, scientifica, matematicamente logica, ma attenta a fare bene i conti anche con  il fattore umano, quello di Graham Greene, ma anche  con la quotidianità che è maestra di vita. Come  Carmelina che è essa stessa portatrice di una lezione di vita  non trascurabile.
Carmelina e le sue verità: il diavolo non vorrebbe mai il commissario all'Inferno perché lui vuole sapere la verità, fa troppe domande, vuole le prove, insomma poi all'Inferno "nisciuno sta più quieto!".
I dialoghi tra Lombino e Carmelina  procedono come linee parallele, che guardano nella stessa direzione, ma mai si incontrano. I due non comunicano con le parole, ma si percepiscono, si sentono e questo basta  a loro ma anche  a noi per porci una domanda: ma se ora qui arrivasse Lombino,davvero poi "nisciuno sta più quieto"?
Antonella Ferri