mercoledì 11 settembre 2013

Salotto letterario in famiglia

Tutti i membri della nostra famiglia hanno avuto modo di leggere i due romanzi e di confrontarsi (una sorta di salotto letterario!). Le opinioni sono pressoché univoche. 
Le storie sono ben costruite e piuttosto avvincenti, il finale non è scontato ed il lettore è invogliato ad immaginare l'evoluzione delle vicende fino alle ultime pagine. 
Il protagonista è ben tratteggiato, ironico, empatico e le figure femminili sono egualmente interessanti.
Un punto di forza è senz'altro lo sfondo, quella Napoli a cui si guarda con amore, non esente da spirito critico. Non ci dispiacerebbe se la città fosse ancora più presente, con tutte le sue contraddizioni e l'umanità varia che la popola: le storie acquisterebbero ancora più spessore, senza perdere in leggerezza.
Assolutamente apprezzabile la scrittura: moderna, essenziale, priva di inutili orpelli, incisiva.
C'è forse qualche eco di Camilleri: suggestione, omaggio all'autore o involontaria affinità?

Una famiglia di lettori

lunedì 8 aprile 2013

La recensione di Alessandra Ottieri



Vito Rosario Ferrone, Relatività centrale, Arduino Sacco Editore, 2012

Relatività centrale, romanzo di Vito Ferrone pubblicato nel 2012 da Arduino Sacco Editore, è il secondo episodio di una saga noir iniziata due anni fa con Nucleo centrale, al quale l’autore rinvia anche nella scelta del titolo. Il terzo romanzo – Centro immobile – è già in preparazione e, ne siamo certi, altri seguiranno. I tre titoli, scelti con intelligenza, nei quali compaiono termini come “nucleo” “relatività” “centro”, non solo ci riconducono alla formazione tecnico-scientifica dello scrittore e alla sua professione di ingegnere chimico, ma svelano un tratto importante del protagonista, il commissario Lombino (alter-ego dichiarato dell’autore), a tal punto affascinato dalla fisica einsteniana da utilizzarla, in quest’ultimo romanzo, come chiave di lettura di due difficili casi di omicidio.
Ferrone, dunque, è un ingegnere-scrittore di tipo “seriale”. I suoi romanzi sono naturalmente narrazioni autonome e in sé concluse, ma sono anche i primi due capitoli di una vicenda (umana e professionale) che si snoda, tra mille complicazioni, sullo sfondo di una Napoli più che mai viva e brulicante, animata da personaggi borghesi e popolari “veracemente” napoletani, ma mai stereotipati. Innanzitutto c’è il commissario Lombino – lucano d’origine, ma napoletano d’adozione – alle prese con l’organizzazione del matrimonio con l”eterna fidanzata” Margherita Scarfoglio: donna bella e intelligente, Pubblico Ministero rispettato da tutti, innamorata di un uomo tanto diverso da lei (Lombino ha radici contadine, viene “dalla zolla”, Margherita è una “posillipina” doc), ma del quale apprezza l’onestà e la concretezza; c’è poi Carmelina, la cameriera popolana, un po’ invadente ma fidatissima, che prepara un ottimo caffè e stira le camicie come nessun altro al mondo; c’è Rosaria, la giovane amica, campionessa di pallanuoto (lo sport preferito di Lombino-Ferrone), che, coinvolta nel primo caso d’omicidio (quello del suo amante Marco Frassinelli, commercialista al servizio della camorra), è anche la sorella del vice-commissario Pasquale Maffettone; c’è l’informatore doppiogiochista Pèr ‘e palumm; ci sono i colleghi poliziotti e gli agenti del commissariato (Salvatore e Antonietta, Gennaro e Francesco), ragazzi umanissimi e coraggiosi, disegnati dall’autore con estrema “verità”. Sopra tutto e tutti incombe la lunga mano della camorra: figure di donne, più spietate degli uomini, appartenenti al clan del defunto Tore “Scarface”, al cui vertice sembra esserci la giovane Annalisa Imperio, freddata in una una sparatoria dalla dinamica misteriosa…Sullo sfondo scorre la vita pulsante di Napoli, città inquieta e cinica, ferita a morte dalla malavita organizzata, ma anche pronta a reagire grazie alla forza morale e all’intuito dei suoi uomini migliori.
Questo romanzo, insomma, che si inserisce a pieno titolo nella migliore tradizione del romanzo “giallo” europeo, affascina e coinvolge il lettore tenendolo fino alla fine col fiato sospeso; ciò grazie anche ad uno stile teso, segmentato, fatto di periodi brevi e incalzanti, e da una struttura narrativa ben articolata, nella quale le molte parti dialogate si intrecciano con i pensieri del commissario (riportati in corsivo) e con le sue riflessioni sulla teoria della relatività (“generale” e “ristretta”), alla quale ricorre in più occasioni per tentare di sbrogliare la matassa intricata del duplice omicidio. Lombino è certo “parente” di tanti altri commissari illustri della letteratura italiana (dall’Ingravallo di Gadda al Montalbano di Camilleri), ma Ferrone riesce a creare un personaggio originale, credibile, ricco di sfumature: Lombino è un formidabile poliziotto, dotato di grande fiuto e sensibilità, ma è anche pronto a mettersi in discussione se le sue scelte si rivelano sbagliate; è maldestro nel rapporto sentimentale con Margherita (che, con ironia, giudica “migliore di lui”), ma non può fare a meno del suo equilibrio di donna e di magistrato; è paziente con Carmelina e ne accetta le impertinenze con bonarietà, perché a Napoli, si sa, la cameriera è persona di famiglia; è burbero con i colleghi e persino con il carissimo vice-commissario Maffettone, del quale mal sopporta le debolezze e gli slanci d’affetto; è paterno con i giovani agenti del commissariato e soffre maledettamente quando perde uno dei “suoi uomini”; non ama la violenza, ma conosce bene le armi e non esita a colpire con un pugno in pieno volto l’informatore Pèr ‘e palumm, che ha tradito la sua fiducia, in una delle scene più tese e realistiche dell’intero romanzo. Insomma, non possiamo fare a meno di affezionarci ad un commissario così e ne attendiamo, con ansia, le prossime mosse.
Anche la scelta della copertina, infine ci sembra indovinata: una splendida veduta aerea, in bianco e nero, del centro storico di Napoli, con il decumano che spacca in due la città e che sembra arrivare fino ai grattacieli del Centro Direzionale…è forse questa una traccia, una pista che l’autore vuol farci seguire? Ci piace pensare che Ferrone abbia voluto, più o meno consapevolmente, indicare ai napoletani un cammino da compiere per far uscire la città dal suo secolare immobilismo: un percorso dall’antico al moderno, nel senso di un rinnovamento urbanistico, civile, politico di Napoli, che non vuol essere rifiuto della tradizione, quanto piuttosto degli equivoci che sono sorti attorno ad essa e al concetto di “napoletanità”. La tolleranza, la saggezza, la pazienza sono, è vero, virtù ataviche del popolo partenopeo, ma è un errore confonderle con l’indifferenza, l’inerzia, la rassegnazione pigra e connivente.

Alessandra Ottieri

giovedì 4 aprile 2013

Il commento di una lettrice: un sequel che non delude



A distanza di tempo mi ritrovo a leggere il continuo di “Nucleo Centrale” …
“Relatività Centrale” non delude assolutamente le aspettative che avevo riposto quando finii di leggere “Nucleo Centrale”. Nonostante il fatto che questo libro sia un sequel ha mantenuto le aspettative, ma allo stesso  tempo c’è stata un’evoluzione di personaggi e caratteri. Ritornare a vivere  le avventure del commissario Lombino ha fatto sì che mi affezionassi ancora di più al protagonista, direi un vero e proprio ritorno di fiamma. Un protagonista mai scontato, alquanto pragmatico e, anche se apparentemente i suoi modi possono sembrare molto freddi e insensibili, la realtà dimostra che dietro al commissario Lombino si nasconde un uomo umile e pieno d’amore. “Relatività Centrale” è un noir che si legge in poco tempo, la naturalezza di ambientazione e trama rende tutto più vivo e il fruitore oltre ad appassionarsi al caso in sé, gode delle immagini del quotidiano e degli attimi che contornano il caso principale, salvo poi risolversi alla fine del romanzo aumentando così adrenalina e suspense. “Relatività centrale” non è il solito romanzo, quindi a mio parere va assolutamente consigliato sia ai giovani che agli adulti.
Maddalena Cerbone

mercoledì 3 aprile 2013

Il noir di Ferrone presentato ai ragazzi



Il commissario Lombino irrompe all’Istituto Comprensivo di Bella

BELLA- Consigli utili in questo Natale dall’Istituto comprensivo di Bella, che ha proposto ai suoi allievi un romanzo da leggere o da regalare all’insegna del “sano divertimento e della divertita riflessione”: dice il dirigente scolastico Mario Coviello, intervenuto nella bibliomediateca “Annibale Malanga” della scuola bellese alla presentazione del noir di Vito Rosario Ferrone “Relatività centrale” (Arduino Sacco editore). In platea i ragazzi della III B della media, guidata dalla professoressa di lettere Enza Cerone.
All’autore, che ha ringraziato per la calorosa accoglienza il folto pubblico in sala, i ragazzi hanno rivolto alcune domande, prendendo spunto dai brani del romanzo letti ad alta voce e scanditi dalla chitarra di Michele Isoldi, che ha eseguito alcuni applauditi brani di musica da film. “Relatività centrale” è davvero un bel romanzo, che si fa leggere tutto di un fiato, senza ripensamenti, un lavoro costruito in maniera più organica rispetto a “Nucleo centrale”, primo romanzo della serie, e con un ritmo serrato che offre maggior sostegno alla trama. Il protagonista è sempre il commissario Lombino, lucano d’origine, da molti anni nella città partenopea, che dirige un commissariato nel ventre di Napoli e con una umanità antica cerca di risolvere casi difficili. Lombino in “Relatività centrale” si sposa con Margherita Scarfoglio. Il magistrato ha finalmente ottenuto il divorzio e l’organizzazione del matrimonio può passare risolutivamente alla fase operativa. Organizzare un matrimonio nella città di Napoli non è proprio cosa semplice. Comunque impegnativa la determinazione della promessa sposa. Incontenibili le sue aspirazioni. Troppi i dettagli decisivi… Nel romanzo i flash sulla napoletanità tanto amata dal commissario Lombino sono momenti di una quotidianità leggera, vista, sentita, interiorizzata e raccontata con la giusta misura. L’umanità e l’intelligenza usata nel costruire il protagonista è ancora più consapevole nei tratti di un uomo che Ferrone chiaramente ama e che gli appartiene nelle sue sfumature più personali. Gli echi di tanta letteratura del genere noir, passata e contemporanea, sono meglio interiorizzati e fatti propri, con l’autonomia di una scrittura più matura. I dialoghi sono incalzanti, serrati. La storia ha un intreccio interessante, ma così intricato che ti costringe all’attenzione.
-LA NUOVA-
17 dicembre 2012