Alessandra Ottieri - Appunti della
presentazione alla libreria Ubik di Napoli del romanzo di Vito Rosario Ferrone,
Centrale. L’ultima indagine del
commissario Lombino (Youcanprint, 2017)
“Lombino
è tornato e ne siamo immensamente felici. Vito aveva minacciato qualche anno fa
di chiudere questa saga per sviluppare un nuovo personaggio (quello dell’ispettrice
Maria Camilla De Asmundis, protagonista di Aveva
ancora i capelli bagnati, edito dalla Robin) attorno al quale costruire una
nuova serie noir. Dunque, quando nel
2015 Ferrone ha pubblicato Napoli è
centrale - quinto capitolo della saga del commissario Lombino - ho creduto
che fosse davvero l’ultimo. E invece nelle pagine finali di quel romanzo ho
trovato le ragioni per cui Vito non avrebbe potuto (ancora) chiudere con questo
personaggio e con la sua vicenda umana e professionale.”
“Napoli è centrale, infatti, termina con
una strage, un gravissimo attentato di matrice camorristica nel quale trovano
la morte l’amatissima moglie del commissario - Margherita Scarfoglio - e il
bambino che portava in grembo. Un evento orribile che coinvolge Lombino non
solo in quanto sbirro, ma in quanto uomo, colpendolo nei suoi affetti più
cari…Un romanzo che si chiude così, con un crimine efferato, un funerale, il
crollo psico-fisico del protagonista e la conseguente frustrazione dei suoi
lettori più affezionati, non può certamente essere l’ultimo, può essere solo il
penultimo…troppe questioni irrisolte! E allora Vito ci ha dato Centrale. L’ultima indagine del commissario
Lombino: ma attenzione non “ultima” nel senso di definitiva, conclusiva, ma
solo ultima in ordine di tempo. La saga non termina neppure stavolta.”
“Inutile
dire che leggendo Centrale, mi
aspettavo un radicale cambiamento nell’umore, nell’atteggiamento, nelle
abitudini del protagonista: mi aspettavo un Lombino rabbioso, feroce, taciturno,
oppure rassegnato, triste, desideroso di solitudine…e invece, almeno in
apparenza, Lombino è il solito Lombino: uno sbirro vecchio stampo, sornione, un
po’ burbero, a volte permaloso e anche dispettoso, sempre pronto alla battuta,
amante del caffè, della buona tavola e delle belle donne; e anche in questo
romanzo le donne non mancano, anzi sono le vere protagoniste: in primis Rosaria
Maffettone, l’amica di sempre, studiosa e sportiva, “sorella di sangue” che ha
un ruolo fondamentale nella “rinascita” del commissario, nel suo “ritorno alla
vita”; c’è poi la bella dott.ssa Errico, anatomopatologa, sempre pronta a
confermare con le sue autopsie le brillanti intuizioni del commissario; e poi c’è
l’immancabile e ineffabile Carmelina, la
tata tuttofare, donna del popolo, impicciona, ignorante, sbrigativa nei modi, ma
con un cuore grandissimo e devota al suo commissario. In una pagina di questo
romanzo troviamo anche la storia del primo incontro tra Lombino e la sua tata (pp.
74-75).”
“Dicevamo
che Lombino è uno sbirro e, in questo romanzo, è tornato a fare lo sbirro,
l’unica cosa che veramente sa fare e nel solo modo in cui lo sa fare: con
domande pressanti e insidiose che mettono in seria difficoltà l’interlocutore
di turno (come accade nell’esilarante capitolo 5, dal titolo eloquente “Quando
manca la carta igienica”), con osservazioni e riflessioni, con intuito e
pazienza fino a penetrare il cosiddetto “fattore umano”, il movente ultimo di
ogni azione delittuosa: questi gli ingredienti dell’ormai famoso “metodo
Lombino”. Poi ci sono le speculazioni
pseudo-scientifiche del commissario che pure rientrano nel “metodo”, nel senso
che aiutano il commissario a liberare la mente e ad aprire varchi inediti,
piste d’indagine alle quali nessuno avrebbe mai pensato. Ancora una volta è la “fisica
e dintorni” a soccorrere il commissario nei momenti difficili, a “ripulirgli la
mente”. Stavolta, però, Lombino ha voluto esagerare, strafare, è voluto andare
all’origine delle cose, ha cominciato a interrogarsi addirittura sul principio dell’Universo:
è la teoria dell’inflazione a sollecitare, in questa occasione, la mente del
commissario, le cui meditazioni scientifico-filosofiche occupano diverse pagine
del romanzo, e forse non a caso hanno più spazio rispetto al passato.”
“Ma
veniamo all’intreccio. Dopo la parentesi da vice-questore, Lombino è di nuovo
in prima linea, alle prese con un caso di omicidio. La vittima è una donna
bellissima, Angela Corradini, un chimico industriale dal passato misterioso,
freddata con una calibro 7.65: molti colpi sparati ma uno solo mortale, un
colpo che le “ha spaccato il cuore”, senza lasciarle scampo. Ovviamente partono
le indagini, le ipotesi del Dott. Forte, le supposizioni di magistrati e
poliziotti, le analisi della polizia scientifica con la ricostruzione della
scena del crimine…ma sappiamo che Lombino ha un modo tutto suo di investigare,
non sempre apprezzato dai superiori e dai magistrati (cfr. pp. 15-16). Il P. M.
segue la pista dello smaltimento illegale dei dei rifiuti tossici (la vittima
lavorava nel settore della lavorazione dei rifiuti speciali), disegnando uno
scenario in stile Gomorra (da “incubo
globalizzato”), ma ovviamente Lombino segue altre piste, vuole capire, scava
nella vita privata di questa donna bella e riservatissima, fa scoperte
sorprendenti…”
“E
allora? Da quanto appena detto sembrerebbe essere tornato tutto alla normalità.
Il commissario di nuovo impegnato in prima linea, un nuovo caso da risolvere, i
personaggi di sempre, positivi e negativi, Napoli sullo sfondo…Possibile che il
gravissimo lutto che Lombino ha subito non abbia lasciato strascichi? Una volta
passato lo shock iniziale e superato il crollo psico-fisico, possibile che
tutto sia uguale a prima? In apparenza è così, ma se leggiamo tra le pieghe
delle parole e dei pensieri del commissario, se ne interpretiamo anche i
silenzi e i piccoli gesti, percepiamo il cambiamento.”
“Innanzitutto
- come ha acutamente evidenziato Anna Bizzarro nella sua prefazione - avvertiamo
il dolore di Lombino: quel dolore
sordo, assoluto, terribile che può provare solo chi ha subito un lutto violento
e improvviso. Un dolore che gli ha spaccato il cuore, che è stato sì
metabolizzato, ma che ovviamente è rimasto lì, piantato nel cuore come un
proiettile, proprio come quel proiettile che ha ucciso la povera Angela
Corradini. Questo dolore agisce nell’animo di Lombino come una sorta di “rumore
di fondo” del quale non ci si può liberare mai del tutto, è un “disturbo” fisso
e costante, che sta lì a ricordare al commissario quel preciso istante in cui
tutto è cambiato per sempre (c’è un prima e un dopo nella vicenda umana di
Lombino, è evidente che la morte di Margherita è uno spartiacque).”
“Il
dolore, insomma, è presente nel cuore del commissario come la radiazione
cosmica di fondo è presente nell’Universo: quest’ultima sta lì a ricordarci che
tutto ha avuto inizio con un’esplosione (il Big Bang) come afferma la teoria
dell’inflazione sulla quale convergono le riflessioni scientifiche di Lombino
in questo romanzo. Una teoria non priva di incongruenze, che non spiega proprio
tutto circa l’origine dell’Universo, ma in fondo “la più interessante e
seducente” (p. 120) tra le teorie in circolazione. Il commissario sa che un
sostegno ci vuole, a qualcosa ci si deve pure aggrappare, altrimenti c’è il
rischio di rompersi la testa, di precipitare in un abisso di domande senza
risposte (e senza risposte rimarrà per sempre la morte assurda di Margherita,
anche se i colpevoli sono stati arrestati).”
“Sullo
sfondo, come è stato detto, c’è ancora una volta Napoli che, come negli altri
romanzi, è protagonista: non semplice location
ma luogo dell’anima, che suscita sentimenti contrastanti nel commissario e
rispecchia in pieno i suoi umori e il suo stato d’animo di uomo ferito (cfr. pp.
141-142). La bellezza struggente e l’indolenza della nostra città, riscaldata
dal sole di una bella giornata, addirittura sciolgono l’animo indurito di
Lombino, lo muovono al pianto. Altrove, invece, lo sguardo si fa più critico (cfr.
pp. 123-124).”
“Ai
lettori seriali della saga di Lombino, ai cosiddetti “lombiniani”, non sarà
sfuggito, infine, la grande novità formale di questo romanzo: la narrazione è in terza persona, non più in
prima. Come scrive la Bizzarro, stavolta Lombino “è raccontato, non si
racconta”. Il narratore è esterno, la focalizzazione è oscillante, a volte è
interna (quando il narratore assume in toto il punto di vista del personaggio),
altre volte è “zero” (quando il narratore diventa onnisciente e interviene “dall’alto”
con commenti, battute o addirittura rivolgendosi direttamente ai lettori). Sul
perché di questa scelta stilistica non dico nulla, ma preferisco rinviare alla
bella prefazione di Anna Bizzarro.”
“Concludo,
facendo ancora riferimento alla prefazione, nella quale si parla di malinconia
a proposito dello stato d’animo del nuovo, sofferente, Lombino. La malinconia
è, letteralmente, “l’umore nero”, è il "dispiacere per un desiderio inappagato", un "pensiero che rende tristi, depressi ..." ma Lombino non è depresso, il suo lutto è stato elaborato; la sua non è malinconia, ma piuttosto nostalgia; il "nostos" è il "ritorno" e la nostalgia è lo stato d'animo causato dal desiderio di una persona lontana (o non più in vita) o di una cosa non più posseduta, è un sentimento misto di tristezza e dolcezza. La malinconia è l'anticamera della depressione, ti impedisce di vivere, ti paralizza; con la nostalgia invece si può convivere, si può provare a voltare pagina e ad andare avanti. Come ha fatto, o sta provando a fare, il nostro commissario.