Ancora un
noir napoletano, ancora Arcangelo Lombino in azione!
Rispetto al
primo lavoro di Vito Rosario Ferrone, Nucleo Centrale, questo nuovo romanzo
che segue un percorso di ambientazioni, personaggi e storie già definite,
ci mette di fronte ad un salto di qualità davvero notevole. È davvero un bel
romanzo, che si fa leggere tutto di un fiato, senza ripensamenti, un lavoro
costruito in maniera più organica e con un ritmo serrato che offre
maggior sostegno alla trama.
I
flash sulla napoletanità tanto amata dal commissario Lombino e dal suo creatore
non sono più momenti di semplice comicità o stereotipi derivati dal passato, ma
momenti di una quotidianità leggera, vista, sentita, interiorizzata e
raccontata con la giusta misura.
L'umanità e
l'intelligenza usata nel costruire il protagonista, è ancora più
consapevole nei tratti di un uomo che Ferrone chiaramente ama e che gli
appartiene nelle sue sfumature più personali.
Gli echi di
tanta letteratura del genere noir, passata e contemporanea, sono meglio
interiorizzati e fatti propri, con l'autonomia di una scrittura più matura.
I dialoghi
sono incalzanti, serrati e resi ancor più rapidi del pensiero stesso dall'uso
di una punteggiatura a tratti insolita.
La storia ha
un intreccio interessante, ma così intricato che ti costringe
all'attenzione, all'essere oltremodo vigile per paura di perdere il filo del
racconto o il carattere di un personaggio che spesso appare e poi riappare
nella narrazione .
Se in NUCLEO
CENTRALE fa la sua divertente comparsa "il bicchiere d'acqua rimedio
universale partenopeo", in RELATIVITà CENTRALE compare un altro topos nel
quale ci possiamo riconoscere , "il caffè che calma".
E accanto al
caffè compare Maddalena, uno dei personaggi femminili della storia e "una
pletora di donne di tutte le età "che le ruota magistralmente
intorno.
Il poliziesco
di una volta, quelli scritti da uomini seri e legati alla cultura ufficiale,
aveva pochi personaggi femminili, talvolta non di primo piano, talvolta poco
convincenti.
Attorno al
commissario Lombino, le donne invece sono tante, alcune già conosciute tra le
pagine del suo primo racconto, altre novità del nuovo episodio .
Assunta
Imperio, Annalisa Imperio, Maddalena vedova di Scarface, la solita
Carmelina, e ancora Rosaria Maffettone, Adriana Ferrigno, la poliziotta
Antonietta, la signora giocatrice instancabile che apre il libro, la madre di
Lombino e ancora altre oltre la perfetta Margherita.
Tra le donne
del commissario, Assunta Imperio è forse quella che più mi appartiene come
personaggio: qui, in RELATIVITà CENTRALE, più silenziosa ed enigmatica del solito,
carica di significati nel suo non fare e non dire. Espressione forse di un
dolore direi quasi universale al femminile, di una sofferenza, di un
amore, di una durezza che nasconde la tenerezza innata che le donne, a
qualunque ceto o cultura appartengano, riservano solo a chi amano, a chi
appartiene loro intimamente, in maniera "carnale", potremmo dire.
Mi chiedo
come avrà potuto il nostro autore conoscere così profondamente questo
universo femminile, così variegato, così dolente, così profondo, così vicino e
così lontano da un uomo. Gli è bastato osservarlo per capirlo?
Veniamo ad
un altro elemento su cui fermare la nostra attenzione di lettori: il tema della
legalità. E' un tema importante anche in un libro che non ha la forma di un
saggio o velleità che vanno oltre il romanzo poliziesco.
Tutto
comincia in NUCLEO CENTRALE, da un gesto di "irragionevole umanità"
del commissario verso il dolore di una donna di camorra, Assunta Imperio.
Lombino fa sua una posizione dal punto di vista giuridico discutibile,
dal punto di vista umano, esclusivamente e profondamente umana. Non a caso non
ho voluto usare un aggettivo diverso da umana.
E' il dramma
di Antigone che si ripete dalla notte dei tempi, la ragion di stato e la
ragione morale che si affrontano facendo sentire ciascuno le proprie
ragioni. Il dramma di chi deve operare delle scelte, di chi deve tener presente
le regole della giustizia.
Lombino
affronta così quella che lui stesso definisce la sua Notte dell'Innominato, una
notte difficile, patrimonio comune di tutti quelli che lavorano con coscienza e
che si trovano a fare i conti con i tanti Don Abbondio che sembrano rendere
vano ogni sforzo di giustizia.
Parlando di
legalità, non viene dimenticato anche un riferimento al mondo della scuola.
L'amore per
Napoli di Lombino si unisce al forte legame con le radici.
Lombino/Ferrone
ha "l'intelligenza" del luogo,cioè la qualità della
comprensione del luogo, dell'entrare nei luoghi che ama così come negli
animi delle persone/personaggi.
Il nome
dell'assassino, naturalmente non si può svelare adesso, ma va letta con
attenzione quella pagina che offre l'analisi finale dei fatti
e che porta Lombino a scoprire quel nome, un'analisi felice, lucida,
scientifica, matematicamente logica, ma attenta a fare bene i conti anche
con il fattore umano, quello di Graham Greene, ma anche con la
quotidianità che è maestra di vita. Come Carmelina che è essa stessa
portatrice di una lezione di vita non trascurabile.
Carmelina e
le sue verità: il diavolo non vorrebbe mai il commissario all'Inferno perché
lui vuole sapere la verità, fa troppe domande, vuole le prove, insomma poi
all'Inferno "nisciuno sta più quieto!".
I dialoghi
tra Lombino e Carmelina procedono come linee parallele, che guardano
nella stessa direzione, ma mai si incontrano. I due non comunicano con le
parole, ma si percepiscono, si sentono e questo basta a loro ma
anche a noi per porci una domanda: ma se ora qui arrivasse
Lombino,davvero poi "nisciuno sta più quieto"?
Antonella
Ferri
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