Nucleo centrale
di Vito Rosario Ferrone
Una strada del centro storico di Napoli raffigurata in
copertina ti porta a pensare che qui la vita
deve essere davvero dura. E per
me che vengo dal centro storico di Napoli e che conosco la vita dura in un
vicolo, l’idea di leggere il libro di un autore sconosciuto ambientato
singolarmente in questi posti, mi ha subito entusiasmato. Da quelle parti
l’autore sembra esserci passato davvero e credo che nel raccontare la sua
storia noir si sia ispirato ad una storia vera di camorra, tradimenti, di
vendette per motivi d’onore, di droga, una storia che sa quasi di leggenda tra
camorra, tradimenti, droga e relazioni incestuose come quella che diversi anni
fa fece molto scalpore a Forcella. Se il suo linguaggio nel romanzo è alto,
fatto di atomi, neutroni o quark, la sua storia si collega a fatti forse
realmente accaduti a Napoli, o per lo meno a quelle “voci”, a quei sentito dire
che sussurravano che per una certa famiglia di boss era un’abitudine avere
relazioni incestuose, giustificate dalla convinzione che “quella dinastia”
doveva mantenere il sangue puro, non contaminato da altri, come succedeva per i
faraoni e la loro stirpe eletta. Verità o “inciucio” di quartiere, quello che
colpisce nella lettura di questo avvincente e poco comune romanzo è la
competenza che l’autore mostra nel parlare di armi o nel descrivere le
dinamiche che accadono in questa città, ad esempio quando le persone prendono
il caffè al bar.
Mi piace molto il personaggio del commissario Lombino,
scusate, lo so che è incredibile, ma dovete leggere il romanzo per capire il
mio giudizio anomalo per un detenuto! Il commissario che svolge le sue indagini
come tutti i commissari di questo mondo è un duro, viene dal basso, è
innamorato e riamato da una donna socialmente più in alto di lui, un PM
affascinante e intrigante, ha al suo servizio, Carmelina, una donna del popolo
che vive a Scampia, che con le sue considerazioni casuali di “donna del popolo”
senza volerlo lo aiuta a risolvere il caso, o meglio a trovare il bandolo di
una matassa difficile da sbrogliare, che gli sa stirare le camicie come nessuno
al mondo. Il commissario è un uomo di
paese, della lontana Lucania, che si avvicina alla città, anzi a questa città
così difficile, con attenzione, ma ha composto una storia “napoletana”
mantenendo il filo del reale, sente gli intrecci della cultura napoletana come
solo chi ci vive “realmente” sa fare.
C’è anche un “cattivo” in questa storia, che non posso
raccontarvi nei particolari per non togliere l’effetto. Il cattivo, il boss
contro cui la giustizia deve combattere è Tore detto Scarface, ma all’inizio
della storia viene ucciso con una pistola e tutto fa pensare ad un omicidio di
camorra. E’ così che tra una soffiata del confidente Pèr ‘e palumm e un cavallo di ritorno per un’auto rubata, le
indagini finiscono in una dimensione tutta “al femminile”.
Ma non mi sembra il caso di continuare nel mio racconto,
varrebbe la pena di leggere questa storia per intero… sono sicuro che sarete
del mio parere nel giudicarla piacevole e avvincente!
Gennaro Ferraiuolo IG
da "Dentro... la notizia"
Periodico d'informazine dell' I.T.C. "E. Caruso"
Sez. Staccata del Centro Penitenziario di Secondigliano (NA)
n. 20 Febbraio-Maggio 2012
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