Quando volendo entrare, noi comuni lettori di gialli polizieschi, nella eterna lotta tra Bene e Male, solo perché lì vi entrano personaggi preposti al Bene, cioè all'agire secondo una giusta condotta, secondo leggi morali imposte o autoimposte dall’esterno sociale, o che obbediscono alla verità dei fatti, o che più semplicemente aderiscono al ruolo che hanno scelto di interpretare nella grande commedia della vita e delle vicende umane, allora, ci imbattiamo sicuramente in un personaggio come Arcangelo Lombino, commissario di polizia per scelta o per vocazione, ma forse per inevitabilità del caso, che diventa per meriti suoi personali finanche vicequestore, e quindi votato per sempre alla causa del Bene. Ma il Personaggio Lombino è anche personalità complessa, così come lo ha voluto il suo plasmatore ovvero lo scrittore romanziere Vito Ferrone che non nasconde una forte simpatia, se non empatia, per il suo personaggio. E come potrebbe essere il contrario? Il commissario nonché vicequestore Lombino, ha forte inclinazione per il pensiero scientifico, anzi è un cultore dello studio di principi della fisica teorica che addirittura si diverte a citare attraverso i suoi principali punti di riferimento, ovvero i maestri della fisica quali Einstein, Majorana e altri… Ed è pura combinazione dunque, che lo stesso scrittore sia contemporaneamente ma forse principalmente uno studioso di “fisica e dintorni” e docente di chimica che sebbene prestato alla letteratura non si distacchi dai suoi saperi che spesso e volentieri fanno capolino tra le pieghe delle vicende efferate e non, raccontate nei romanzi di cui Lombino è il protagonista. Ma come dicevamo, interpretare il Bene è difficile, e per il commissario Lombino lo è molto di più. Non si tratta di venire meno ai suoi doveri d’ufficio, anzi probabilmente è l’esito opposto: un eccessivo zelo. Bisogna inquadrare lo sfondo, i luoghi dove opera Lombino, si tratta della nobile e miserabile città di Napoli, coacervo di umanità varie e di realtà sociali complesse. Quando infatti diciamo che il ricco convive col povero o il nobile col plebeo diciamo il vero, ma questo significa che non esista una linea di demarcazione tra il Bene e il Male. Anzi a Napoli troviamo quanto più di compromissorio possa esserci tra le due entità morali se non di connivenza e complicità. Ma qui sarebbe inutile dissertare di cose che un commissario sa benissimo e Lombino ancora di più. Infatti il personaggio è tra i più interessanti prodotti dalla letteratura poliziottesca italiana. Un veloce excursus ci dice che tutti gli altri protagonisti, dai più vecchi e noti Maigret e Poirot passando per Coliandro, Ambrosio, Juvara, Sarti, Raimondi, fino a Montalbano, Scialoja e il commissario Soneri, tutti commissari di questura in varie città italiane, sono abbastanza integri, meglio integralmente associati nella lotta al crimine, sempre dal lato giusto della legge, senza alcun ripensamento o dubbio su cosa fare. Il nostro Lombino è come tutti gli altri, ottimo funzionario, tale da meritare encomio dai superiori, fino alla promozione, ma in più e diversamente da molti altri , è perfettamente consapevole della situazione in cui opera, dell’ambiente e delle persone di cui si occupa, siano essi criminali o vittime. E già qui il lettore si pone davanti ai dubbi che le stesse indagini e le riflessioni del commissario propongono, ovvero siamo sicuri, al di là appunto di ogni ragionevole dubbio che il criminale scoperto, fosse anche un assassino o mariuolo, sia veramente e fino in fondo colpevole dei misfatti compiuti e le vittime, al contempo, completamente innocenti? Certo abbiamo piena fiducia come è ormai noto, nella nostra Giustizia e nella Magistratura irreprensibile e competente, che di solito assicura il malvivente alla giusta pena e nei tempi giusti. Appunto la giustizia fa il suo corso, mentre Lombino fa le sue indagini, cerca la verità dei fatti oltre la realtà apparente che è piena di insidie. Ma allora cosa vuole fare Lombino, cosa pretende oltre le sue funzioni? Già percorre una vita privata difficile, perché è un convivente non sposato, ma non basta, la sua compagna di vita ma anche in qualche modo di lavoro, è un P.M., un magistrato molto apprezzato per il lavoro contro le mafie, sempre impegnatissima, e nota ai lettori come la Dott.ssa Margherita Scarfoglio donna emancipata, divorziata, con suoi figli che Lombino accetta. Dunque, cosa vuole questo commissario, da tutti, dalla realtà che lo coinvolge, dalla vita, dalla sua città, dalla compagna che pur di maggior importanza istituzionale, lo ascolta, gli dà retta, ma soprattutto cosa vuole dai lettori che lo seguono nelle sue vicende poliziesche, nei suoi ragionamento metafisici pur occupandosi di fisica e dintorni? Lombino è un non-commissario dentro ad una lotta tra Bene e Male in cui è perdente, e lui lo sa. I delitti, e in “Relatività Centrale” è così evidente, lo coinvolgono personalmente, così che dovrà alla fine, arrendersi . La vittoria del Male è ineluttabile e prescinde da lui, dal suo impegno nella lotta, dai suoi buoni principi, dalla sua vita e dai suoi sentimenti buoni o quasi buoni . Alla fine, è la sottile linea di equilibrio tra intelligenza e intuito che gli permetterà di risolvere il caso. Ma non di superare gli abissi che lo circondano e che solo un suo personale patrimonio di umanità gli permetterà di evitare. Infine la risposta che suggeriamo al precedente quesito, potrebbe essere, Lombino vuole la pace, essere lasciato in pace con una sua atavica ricerca di armonia e perfezione che solo un ritorno alle sue origini, ai suoi luoghi, gli potrà regalare. (mauridal)
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