Margherita Scarfoglio è morta. In un attentato. E con lei suo figlio. Il figlio di Lombino.
Vorrei alzare il telefono e chiamare Ferrone. Dirgli che non è giusto. Che non doveva finire così. Che il libro sarebbe stato altrettanto bello senza necessità di sacrificare Margherita, né Lombino. Anche il Commissario, infatti, è morto, sebbene respiri, mangi, beva caffè, parli e cerchi di dormire. Lombino, il mio Lombino, non c'è più. Magari continuerà a sorridere; a scherzare con Rosaria; ad apprezzare Napoli e i napoletani. Magari avremo ancora modo di "godere" dei suoi irresistibili retropensieri. Ma sullo sfondo ci sarà sempre l'immagine di Margherita e del figlio che portava in grembo morti in un maledettissimo attentato. In "Napoli è Centrale" vince il male. L'amarezza è inevitabile. Ne esce sconfitta anche Napoli. La sua bellezza; il calore delle persone; il cibo buono; le sue donne dotate di una "bellezza piena e solare, maliziosa e suadente, agguerrita e dolce, che solo Napoli riesce ad esprimere"; l'umanità di tanti non basta a lenire il dolore e a restituire a Napoli i suoi colori vivaci. Se provo ad accantonare per un attimo la mia delusione, non posso, però, che constatare che "Napoli è Centrale" è il miglior libro che abbia letto negli ultimi anni. Il ritmo è incalzante; fin dalle prime pagine, magistralmente, l'Autore suscita nei lettori curiosità, che presto si trasforma in paura. Si percepisce che qualcosa non andrà come dovrebbe. Ma anche la tragedia si veste di dignità. Questa è la grandezza di Ferrone. Coinvolgere emotivamente il lettore, strappargli un sorriso e, talvolta, commuoverlo sempre con estrema delicatezza.
Anna Bizzarro
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