giovedì 20 dicembre 2018

Nuova edizione per Nucleo centrale

Con una veste editoriale rinnovata ritorna il primo episodio della saga del commissario Lombino.
Disponibile in versione cartacea e in e-book nei principali store on line.

domenica 18 marzo 2018

Appunti dalla presentazione di "Centrale"



Alessandra Ottieri - Appunti della presentazione alla libreria Ubik di Napoli del romanzo di Vito Rosario Ferrone, Centrale. L’ultima indagine del commissario Lombino (Youcanprint, 2017)



“Lombino è tornato e ne siamo immensamente felici. Vito aveva minacciato qualche anno fa di chiudere questa saga per sviluppare un nuovo personaggio (quello dell’ispettrice Maria Camilla De Asmundis, protagonista di Aveva ancora i capelli bagnati, edito dalla Robin) attorno al quale costruire una nuova serie noir. Dunque, quando nel 2015 Ferrone ha pubblicato Napoli è centrale - quinto capitolo della saga del commissario Lombino - ho creduto che fosse davvero l’ultimo. E invece nelle pagine finali di quel romanzo ho trovato le ragioni per cui Vito non avrebbe potuto (ancora) chiudere con questo personaggio e con la sua vicenda umana e professionale.”

“Napoli è centrale, infatti, termina con una strage, un gravissimo attentato di matrice camorristica nel quale trovano la morte l’amatissima moglie del commissario - Margherita Scarfoglio - e il bambino che portava in grembo. Un evento orribile che coinvolge Lombino non solo in quanto sbirro, ma in quanto uomo, colpendolo nei suoi affetti più cari…Un romanzo che si chiude così, con un crimine efferato, un funerale, il crollo psico-fisico del protagonista e la conseguente frustrazione dei suoi lettori più affezionati, non può certamente essere l’ultimo, può essere solo il penultimo…troppe questioni irrisolte! E allora Vito ci ha dato Centrale. L’ultima indagine del commissario Lombino: ma attenzione non “ultima” nel senso di definitiva, conclusiva, ma solo ultima in ordine di tempo. La saga non termina neppure stavolta.”

“Inutile dire che leggendo Centrale, mi aspettavo un radicale cambiamento nell’umore, nell’atteggiamento, nelle abitudini del protagonista: mi aspettavo un Lombino rabbioso, feroce, taciturno, oppure rassegnato, triste, desideroso di solitudine…e invece, almeno in apparenza, Lombino è il solito Lombino: uno sbirro vecchio stampo, sornione, un po’ burbero, a volte permaloso e anche dispettoso, sempre pronto alla battuta, amante del caffè, della buona tavola e delle belle donne; e anche in questo romanzo le donne non mancano, anzi sono le vere protagoniste: in primis Rosaria Maffettone, l’amica di sempre, studiosa e sportiva, “sorella di sangue” che ha un ruolo fondamentale nella “rinascita” del commissario, nel suo “ritorno alla vita”; c’è poi la bella dott.ssa Errico, anatomopatologa, sempre pronta a confermare con le sue autopsie le brillanti intuizioni del commissario; e poi c’è l’immancabile  e ineffabile Carmelina, la tata tuttofare, donna del popolo, impicciona, ignorante, sbrigativa nei modi, ma con un cuore grandissimo e devota al suo commissario. In una pagina di questo romanzo troviamo anche la storia del primo incontro tra Lombino e la sua tata (pp. 74-75).”

“Dicevamo che Lombino è uno sbirro e, in questo romanzo, è tornato a fare lo sbirro, l’unica cosa che veramente sa fare e nel solo modo in cui lo sa fare: con domande pressanti e insidiose che mettono in seria difficoltà l’interlocutore di turno (come accade nell’esilarante capitolo 5, dal titolo eloquente “Quando manca la carta igienica”), con osservazioni e riflessioni, con intuito e pazienza fino a penetrare il cosiddetto “fattore umano”, il movente ultimo di ogni azione delittuosa: questi gli ingredienti dell’ormai famoso “metodo Lombino”.  Poi ci sono le speculazioni pseudo-scientifiche del commissario che pure rientrano nel “metodo”, nel senso che aiutano il commissario a liberare la mente e ad aprire varchi inediti, piste d’indagine alle quali nessuno avrebbe mai pensato. Ancora una volta è la “fisica e dintorni” a soccorrere il commissario nei momenti difficili, a “ripulirgli la mente”. Stavolta, però, Lombino ha voluto esagerare, strafare, è voluto andare all’origine delle cose, ha cominciato a interrogarsi addirittura sul principio dell’Universo: è la teoria dell’inflazione a sollecitare, in questa occasione, la mente del commissario, le cui meditazioni scientifico-filosofiche occupano diverse pagine del romanzo, e forse non a caso hanno più spazio rispetto al passato.”

“Ma veniamo all’intreccio. Dopo la parentesi da vice-questore, Lombino è di nuovo in prima linea, alle prese con un caso di omicidio. La vittima è una donna bellissima, Angela Corradini, un chimico industriale dal passato misterioso, freddata con una calibro 7.65: molti colpi sparati ma uno solo mortale, un colpo che le “ha spaccato il cuore”, senza lasciarle scampo. Ovviamente partono le indagini, le ipotesi del Dott. Forte, le supposizioni di magistrati e poliziotti, le analisi della polizia scientifica con la ricostruzione della scena del crimine…ma sappiamo che Lombino ha un modo tutto suo di investigare, non sempre apprezzato dai superiori e dai magistrati (cfr. pp. 15-16). Il P. M. segue la pista dello smaltimento illegale dei dei rifiuti tossici (la vittima lavorava nel settore della lavorazione dei rifiuti speciali), disegnando uno scenario in stile Gomorra (da “incubo globalizzato”), ma ovviamente Lombino segue altre piste, vuole capire, scava nella vita privata di questa donna bella e riservatissima, fa scoperte sorprendenti…”

“E allora? Da quanto appena detto sembrerebbe essere tornato tutto alla normalità. Il commissario di nuovo impegnato in prima linea, un nuovo caso da risolvere, i personaggi di sempre, positivi e negativi, Napoli sullo sfondo…Possibile che il gravissimo lutto che Lombino ha subito non abbia lasciato strascichi? Una volta passato lo shock iniziale e superato il crollo psico-fisico, possibile che tutto sia uguale a prima? In apparenza è così, ma se leggiamo tra le pieghe delle parole e dei pensieri del commissario, se ne interpretiamo anche i silenzi e i piccoli gesti, percepiamo il cambiamento.”

“Innanzitutto - come ha acutamente evidenziato Anna Bizzarro nella sua prefazione - avvertiamo il dolore di Lombino: quel dolore sordo, assoluto, terribile che può provare solo chi ha subito un lutto violento e improvviso. Un dolore che gli ha spaccato il cuore, che è stato sì metabolizzato, ma che ovviamente è rimasto lì, piantato nel cuore come un proiettile, proprio come quel proiettile che ha ucciso la povera Angela Corradini. Questo dolore agisce nell’animo di Lombino come una sorta di “rumore di fondo” del quale non ci si può liberare mai del tutto, è un “disturbo” fisso e costante, che sta lì a ricordare al commissario quel preciso istante in cui tutto è cambiato per sempre (c’è un prima e un dopo nella vicenda umana di Lombino, è evidente che la morte di Margherita è uno spartiacque).”

“Il dolore, insomma, è presente nel cuore del commissario come la radiazione cosmica di fondo è presente nell’Universo: quest’ultima sta lì a ricordarci che tutto ha avuto inizio con un’esplosione (il Big Bang) come afferma la teoria dell’inflazione sulla quale convergono le riflessioni scientifiche di Lombino in questo romanzo. Una teoria non priva di incongruenze, che non spiega proprio tutto circa l’origine dell’Universo, ma in fondo “la più interessante e seducente” (p. 120) tra le teorie in circolazione. Il commissario sa che un sostegno ci vuole, a qualcosa ci si deve pure aggrappare, altrimenti c’è il rischio di rompersi la testa, di precipitare in un abisso di domande senza risposte (e senza risposte rimarrà per sempre la morte assurda di Margherita, anche se i colpevoli sono stati arrestati).”

“Sullo sfondo, come è stato detto, c’è ancora una volta Napoli che, come negli altri romanzi, è protagonista: non semplice location ma luogo dell’anima, che suscita sentimenti contrastanti nel commissario e rispecchia in pieno i suoi umori e il suo stato d’animo di uomo ferito (cfr. pp. 141-142). La bellezza struggente e l’indolenza della nostra città, riscaldata dal sole di una bella giornata, addirittura sciolgono l’animo indurito di Lombino, lo muovono al pianto. Altrove, invece, lo sguardo si fa più critico (cfr. pp. 123-124).”

“Ai lettori seriali della saga di Lombino, ai cosiddetti “lombiniani”, non sarà sfuggito, infine, la grande novità formale di questo romanzo:  la narrazione è in terza persona, non più in prima. Come scrive la Bizzarro, stavolta Lombino “è raccontato, non si racconta”. Il narratore è esterno, la focalizzazione è oscillante, a volte è interna (quando il narratore assume in toto il punto di vista del personaggio), altre volte è “zero” (quando il narratore diventa onnisciente e interviene “dall’alto” con commenti, battute o addirittura rivolgendosi direttamente ai lettori). Sul perché di questa scelta stilistica non dico nulla, ma preferisco rinviare alla bella prefazione di Anna Bizzarro.”

“Concludo, facendo ancora riferimento alla prefazione, nella quale si parla di malinconia a proposito dello stato d’animo del nuovo, sofferente, Lombino. La malinconia è, letteralmente, “l’umore nero”, è il "dispiacere per un desiderio inappagato", un "pensiero che rende tristi, depressi ..." ma Lombino non è depresso, il suo lutto è stato elaborato; la sua non è malinconia, ma piuttosto nostalgia; il "nostos" è il "ritorno" e la nostalgia è lo stato d'animo causato dal desiderio di una persona lontana (o non più in vita) o di una cosa non più posseduta, è un sentimento misto di tristezza e dolcezza. La malinconia è l'anticamera della depressione, ti impedisce di vivere, ti paralizza; con la nostalgia invece si può convivere, si può provare a voltare pagina e ad andare avanti. Come ha fatto, o sta provando a fare,  il nostro commissario.