giovedì 8 settembre 2011

I lettori dicono...


Carissimo Vito, ho letto con avidità il tuo romanzo. Il ritmo era quello giusto dei noir, ma secondo me il tuo è un romanzo sull'amore e la dignità.

L'amore ispira tutti i personaggi innamorati, anche di se stessi, ma anche dei loro sogni. Che cercano di conseguire, ma spesso la loro strada viene spezzata dai residui storici e sociali che incrostano le coscienze, i volti e le vie di una Napoli, mai violenta anche se insanguinata, perché sa compensare e ridare speranza, disperata, ma speranza. Un ossimoro, ma è così.

L'amore per l'amore, l'amore con la sua fisicità, mai volgare e fine a se stessa, ma sempre pronto ad esplodere nei sensi del commissario e di Margherita.

La dignità è presente in tutto il romanzo attraverso il forte attaccamento ad un passato che è presente e non solo memoria.

Come invece succede qui dove non si vive più bene. Ma se vorrai ti racconterò di come questa mia terra è stravolta dai migranti, ma soprattutto dalle nuove invasioni barbariche (consumismo e solitudine=alcool). Io vorrei vivere "giu' al nord". Se vuoi ne riparleremo.

Infine sui richiami di Hemingway: tu non hai il senso della morte che lo ha sempre imprigionato fino ad amarla e cercarla. E trovarla. Ma hai il gusto del momento storico in corso.

Di Simenon sento traccia nella particolare attenzione e attrazione ai profili femminili, alle loro pscologie e, naturalmente, ai loro corpi. Dove il calore del corpo dona riposo e, a volte, perdizione. Ma si può essere contenti di perdersi così. O no?

Ciao,e congratulazioni. Ad majora.
Francesco

giovedì 1 settembre 2011

La recensione di Emiliano Felicissimo

Da un professore di chimica appassionato, evidentemente, di romanzi gialli, nasce un detective, un commissario di polizia, appassionato di fisica particellare. Entrambi lucani d'origine, napoletani d'adozione. In fondo, la ricerca scientifica e la ricerca investigativa hanno davvero molto in comune: come i fisici che vanno alla scoperta di nuove frontiere ove porre i limiti delle nostre conoscenze, così gli investigatori provano ad arrivare al bandolo della matassa, al nucleo centrale, appunto, delle vicende criminali. E, in una Napoli ancora – e verrebbe da dire, purtroppo, ovviamente – nelle mani della criminalità organizzata, andare a cercare il nucleo da cui si originano i crimini è un lavoro che va ben oltre l'investigazione ordinaria.
Per quello abbiamo un commissario che sembra quasi un bambinone, spesso impacciato, incapace di cedere alle avance di tutte le splendide donne che lo vorrebbero nel loro letto, o nel loro cuore. Una figura quasi buffa, fermo a delle convinzioni e a dei valori morali che i suoi colleghi “cittadini”, uomini navigati abituati alla vita delle strade napoletane, non esitano a rimarcare, quasi fossero dei difetti o dei fardelli, che loro però accettano bonariamente.
A tratti sembra quasi impossibile che un personaggio così simpatico e pittoresco possa star dietro a criminali di livello internazionale, feroci come pochi, capaci dei crimini più efferati.
Ed è questo a stupire del romanzo: Ferrone riesce a cogliere il lato vero, umano, del poliziotto, prima della figura professionale. Tante volte ci si chiede che cosa facciano gli eroi dei nostri film o romanzi preferiti quando non vestono gli abiti dell’eroe, appunto.
Ecco, in Nucleo Centrale è tutto il contrario: vediamo un uomo che, piuttosto che fare l'impiegato di banca, o il postino, o il salumiere, si è trovato a fare il commissario di polizia. Ciò che questo compito comporta è sicuramente gravoso, ed egli è ben lungi dal volerselo scrollare di dosso, ma riesce nonostante tutto, finito l'orario di lavoro, a vivere una vita abbastanza normale, a gustarsi i suoi piatti preferiti e, chissà, prima o poi, anche le donne che tanto lo desiderano.
Nucleo Centrale è un romanzo snello e oserei quasi dire divertente, scritto in un italiano che strizza l'occhio a quel dialetto, il napoletano, che un po' troppo spesso viene canzonato senza coglierne veramente il senso linguistico; scorre via, pagina dopo pagina, senza pesare, dandoci modo di capire chi possa nascondersi dietro alla scrivania di un commissariato di polizia in una delle città più problematiche, affascinanti ed emblematiche dell'Italia di ieri, di oggi e di sempre.


mercoledì 24 agosto 2011

La recensione di Cristina Zagaria


Noir napoletano per il commissario Lombino

la Repubblica  06 agosto 2011   - pagina 16-   sezione: NAPOLI

PERCHÉ il nucleo non esplode? Bella domanda. E perché Napoli non esplode? Realtà e finzione, un' indagine serrata e una città oscura e incerta, torva, una Napoli noir. Un professore di chimica diventa scrittore di gialli e crea il commissario Arcangelo Lombino, responsabile di un "avamposto" di polizia nel centro della città e appassionato di fisica particellare. Come un fisico alle prese con il cuore dell'atomo, con protoni che si respingono, il commissario si trova (suo malgrado) a districare le cariche (questa volta negative) della città: una serie di delitti, a partire dall'uccisione di un boss della camorra. L' autore è Vito Rosario Ferrone, lucano d' origine, ma napoletano d' adozione, come ama definirsi, docente di Chimica. "Nucleo centrale" è il suo primo romanzo, ma potrebbe essere il primo capitolo di un nuovo eroe seriale napoletano. Un eroe spesso impacciato, corteggiatissimo da splendide donne. Un uomo che non ha paura di rivelare le sue incertezze e che più che il poliziotto super eroe potrebbe essere il vicino di casa dall'animo quieto, ma dall'intelligenza sottile, con il guizzo negli occhi mai stanchi di scrutare il particolare. Una figura rude, introversa, forse per colpa delle origini lucane, che emergono silenti, ma attento osservatore dell'animo napoletano, occhio curioso e disincantato che guarda debolezze e riti di una città, in cui troppo spesso "la necessità rompe la legge", in cui " l' osannata intelligenza, a giudicare dalle condizioni di vivibilità della città, sembra completamente assente". La prima cosa che colpisce leggendo "Nucleo centrale" è il ritmo serrato. Una frase e a capo. Una frase ancora. Anche i capitoli sono divisi in brevi paragrafi. E in questa fucilata di parole emerge discreto l' uso dosato e sapiente (a volte scanzonato) degli idiomi e delle abitudini partenopei. Il commissario Lombino si muove tra posti deprimenti. Ma a interrompere il ritmo, ogni volta che l' atmosfera diventa troppo ruvida, arrivano le divagazioni scientifiche. E a un certo punto scienza e investigazione si sovrappongono: il lavoro di indagine del commissario Lombino diventa meticoloso, sistematico, forse noioso, proprio come quello di uno, scienziato. E sullo sfondo delle indagini c' è Napoli, con i suoi palazzi maestosi, i bar che vomitano freneticamente centinaia di caffè all'ora, le strade trafficate e a senso unico, i panorami di Posillipo. La Napoli di Ferrone ha un' anima sfacciatamente criminale. Ma non c' è mai una accettazione, né una descrizione che ruota attorno ai soliti stereotipi della camorra post-Gomorra. Ferrone fa paradossalmente un percorso inverso, parte dagli omicidi, dal sangue, dalla criminalità più gridata e sguaiata per arrivare al cuore del fenomeno, al nucleo centrale della criminalità e indirettamente della città. Una indagine portata avanti con scrupolo e passione e senza pregiudizi, forse solo come un napoletano d' adozione poteva fare. © RIPRODUZIONE RISERVATA - CRISTINA ZAGARIA

martedì 28 giugno 2011

La recensione di Giuseppe Crimaldi

Il Mattino  28 giugno 2011

Chi ha ucciso Tore Scarface? 
Presentato a Napoli, presso il Circolo Posillipo, il libro di Vito R. Ferrone “Nucleo centrale”, edito da Arduino Sacco Editore. Più che un giallo, un noir alla napoletana: una storia che si dipana, pagina dopo pagina, attraverso i misteri e le contraddizioni di una città eternamente in bilico tra legalità e illegalità. Ferrone, docente di chimica, è alla sua prima esperienza letteraria: un'opera prima riuscitissima, la sua, scritta con uno stile originale e avvincente che ricorda molto da vicino la sceneggiatura di un film. Sullo sfondo, l'ombra nera della camorra, che uccide gli uomini, l'economia di un territorio ma anche le speranze riposte nel futuro di Napoli. E così, seguendo una trama originale, Ferrone dà vita ai personaggi di questa storia dal finale sorprendente, tutto da leggere e da interpretare. Chi ha ucciso “Tore Scarface?”, è partendo da questa domanda che la polizia cerca di sciogliere i nodi di un rebus decisamente più intricato di quello che potrebbe apparire scorrendo le prime pagine del libro. Ferrone mostra di sapersi muovere tra linguaggio e formule di una fisica (di qui il titolo “Nucleo centrale”) che, a volte, può essere mutuata anche per risolvere una catena di morti ammazzati.

giu. cri.

martedì 21 giugno 2011

La presentazione di "Nucleo centrale" al Circolo Nautico Posillipo - 20 giugno 2011



Da sinistra l'editore Arduino Sacco, il magistrato Enrico Caria, l'autore Vito R. Ferrone, Mauro Strazzullo vicepresidente del Circolo Nautico e Giuseppe Crimaldi giornalista de "Il Mattino".

lunedì 13 giugno 2011

Nuovo appuntamento per gli Amici di Lombino

Si parlerà ancora di "Nucleo centrale" lunedì 20 giugno, alle ore 18,00 al Circolo Nautico Posillipo. Interverranno, oltre all'autore, il magistrato Dott. Enrico Caria, Arduino Sacco - Editore e Giuseppe Crimaldi giornalista de "Il Mattino".

 
 

martedì 5 aprile 2011

La recensione di Carlo Longobardi


www.ilpuntomagazine.it


03 aprile 2011
Un libro che si legge avidamente,  in poco tempo, e una storia che ritorna nella mente in maniera persistente nei giorni successivi. Un “looping” del pensiero che stimola il ragionamento sulle vicende, i luoghi e i personaggi.
“Nucleo Centrale” è il racconto di esordio di Vito Rosario Ferrone, lucano di nascita e napoletano d’adozione e nel cuore. Ingegnere, Docente di Chimica e, chiaramente, appassionato di Fisica nucleare (da qui il titolo).
Un giallo, un noir ambientato a Napoli che ha come protagonista il Commissario Arcangelo Lombino, responsabile di un “avamposto” di Polizia sito nel centro della città e impegnato a districare l’intrigata matassa di una serie di delitti, a partire dall’uccisione di un boss della camorra locale.
Nel romanzo non c’è l’accanimento morboso nella descrizione delle immagini di cronaca nera, niente luminol né sangue gratuito. Soprattutto nessuna apologia del fenomeno criminale. Lombino è un profondo conoscitore dell’animo partenopeo, onesto nell’essenza dell’anima e degnamente rispettoso del prossimo. Pigro, impacciato, gaudente in maniera semplice e dubbioso al punto giusto. Controverso e divertente il suo modo di relazionarsi, specialmente con l’universo femminile.  Non sono nascosti gli inevitabili riferimenti ai grandi romanzieri del settore e ai loro relativi personaggi. Si apprezza il rifugio mentale del Commissario che, nei momenti topici, si perde nelle elucubrazioni riguardanti l’atomo, la sua composizione e l’evoluzione degli studi sullo stesso.

I dialoghi molto serrati potrebbero qualche volta confondere, la geniale idea di riportare i pensieri e le riflessioni in corsivo determina la corretta scansione e stimola il gusto della lettura.
Il lettore, vista la puntuale descrizione delle figure e dei luoghi narrati, ha la possibilità godersi il racconto dentro  una personalissima e spontanea sceneggiatura. E’ inevitabile, infatti,  il parallelo con i posti e i visi incontrati quotidianamente nella città.
Il finale è certamente all’altezza delle aspettative e conferma l’attenzione, l’accortezza e il rispetto che Ferrone conferisce al microcosmo napoletano. Di più non è dato sapere…
Da notizie assunte alla “fonte” sembra che i prossimi episodi valgono senz’altro il primo.
Commissario Arcangelo Lombino: si resta in attesa!
Edito da Arduino e Sacco editore, in vendita nella libreria ubik di Via Benedetto Croce e Guida di Via Merliani. Prenotabile in tutte le altre maggiori librerie napoletane.

martedì 22 marzo 2011

Intervista a Controsenso

  1. Il mio rapporto con il genere giallo è viscerale. E indissolubile. Per molti anni, un po’ stupidamente, ho pensato che gli unici libri che andassero letti, a parte ovviamente quelli imposti dai doveri dello studio o della professione, fossero i gialli. O i noir, o i thriller, o i polizieschi. Poi ho capito che sbagliavo, e ho cambiato idea. Ma la passione è rimasta. Così come la voglia di provarci. Di provare a scrivere. È da tempo, quindi che l’idea mi ronzava in testa. Volevo qualcosa che non fosse un trattato di scientismo investigativo, di psicologia criminologica o uno di quegli intrighi insostenibili e labirintici, che semplicemente m’irritano, ma qualche cosa di agile e accattivante. Che fosse altresì un’occasione di libertà. Per me. Senza mai dimenticare gli “spiragli di umanità” che anche in una città difficile, complicata e, a tratti, irrimediabilmente violenta come Napoli sono certamente presenti. Nucleo centrale, perché sono da sempre appassionato di Fisica, di quello che affronta e di come lo affronta. Non ho le competenze scientifiche specifiche, perché ho fatto altri studi, ma conosco i problemi nella loro dimensione ontologica, di ricerca e di spiegazione. Quasi di una ricerca di significato ultimo. Io non credo che la scienza sia o possa essere la risposta a tutto o, meglio, alla domanda di senso che ognuno di noi è. Ma allo stesso tempo è certamente uno strumento terribilmente prezioso, oserei dire unico. In questo senso è centrale. Ma il cuore di questa centralità, il nucleo vero è, e resta, quello che con sintesi mirabile G. Greene definisce “il fattore umano”. Il titolo, quindi, che per certi versi può, o potrebbe, apparire a sensibilità attente come un’inspiegabile tautologia, riflette in realtà due dei piani di possibile lettura del libro. Mi sono sforzato, e sta ai lettori dire se vi sono riuscito, di portare avanti con equilibrio e con un ritmo il più possibile intrigante, questi piani, utilizzando con prudente e ostinata caparbietà registri linguistici differenti e diversificati capaci, però, al contempo, di integrarsi in un unicum, spero gradevole. Oltre che dignitoso.
  2. Non faccio riferimento ad alcuna esperienza particolare. Ho l’età dell’esperienza. E le letture mi sono state senza dubbio di aiuto. Inoltre vivo a Napoli da troppi anni ormai e, per ciò stesso, ho avuto la ventura di conoscere nel tempo una mirabolante miriade di persone, personaggi e situazioni al limite, in molte occasioni, di ogni ragionevole comprensione. Per chi abita da altre parti. Non solo. Ho il privilegio di amici affettuosi, competenti e pazienti. Il dialogo serrato e franco con loro mi ha permesso certamente di evitare tanti errori. Faccio mia pertanto la risposta di Hemingway: è solo un romanzo. Meglio è solo un faticoso, a volte faticosissimo, divertissement.
  3. Sono docente con contratto a tempo indeterminato di Chimica e tecnologie chimiche in uno dei più prestigiosi Istituti di Napoli, primo per genesi in Europa. I giovani che conosco, quelli che posso dire di conoscere, pertanto, sono i miei alunni. Ne conosco parecchi a motivo dell’età e degli anni d’insegnamento. Apparire, avere successo e soldi. Tanti, soldi. Il divertimento sempre e comunque, nessun sacrificio o rinuncia, nessuna dignità della conoscenza e del lavoro. E ancora di più. Questo sembra essere il profilo certo e senza speranza dei miei alunni. E, secondo molti, dei giovani di oggi. O almeno della maggioranza di essi. Io non ne sono convinto. Anzi. Non dico che non vi sia una terribile e triste deriva, per certi versi inarrestabile, verso una delegittimazione della responsabilità, del dovere e del sacrificio. Sostanzialmente una fuga dalla serietà e dalla fatica, ma anche delle gioie, della vita, per quella che essa è. Concretamente e realisticamente. Però, dopo tanti anni d’insegnamento, ti accorgi che i nostri ragazzi ti chiedono in fondo un'unica cosa, sempre la stessa: di essere considerati; voluti bene; rispettati e aiutati a crescere con serietà. Non tutti, si capisce. E quasi sempre nascondendosi dietro ad insicurezze, paure ed aggressività. Riuscire con lucidità a cogliere questo e a farne con intelligenza fattiva la nostra cosciente ragione di docenti e, prima ancora, di adulti è, secondo me, l’unica efficace speranza. Il resto è marginale. Magari importante, ma strutturalmente marginale. Certo, consiglierei la lettura del mio libro ai giovani, per prima ai miei alunni, a quelli più grandi ovviamente. Semplicemente perché sono sicuro che dopo ci capiremo di più, io e i miei alunni. In quanto agli altri ragazzi, posso semplicemente immaginare, sperare e dire che Nucleo centrale li aiuterebbe a pensare e a scegliere, sempre e comunque, il rispetto della dignità di se stessi e il bene prezioso e irrinunciabile della propria libertà.
  4. La fiera dell’autore è un’iniziativa intelligente, perché mette al centro il vero protagonista, il cuore pulsante, il motore generoso ed inarrestabile del prodotto libro. Che non è l’editore, la cui prepotente importanza credo nessuno, di sicuro non io, vuole negare e, tantomeno, sottovalutare. L’editore è purtroppo, oggettivamente ineliminabile. Bene ha fatto, quindi, Arduino Sacco, con quest’iniziativa, a ribadire ciò che da molti sembra essere stato dimenticato, cioè che il motore primo resta l’autore. Con i suoi limiti e la sua generosità. Con la sua intelligenza e creatività. Con i suoi errori e incapacità. Ma con la passione distaccata dei creativi e il rispetto profondo del lettore.
  5. Vi è un secondo libro, già completato e il cui titolo sarà “Centro immobile”. Lombino torna a casa in Lucania, dove sarà costretto a fare i conti con la madre, la dottoressa Scarfoglio, gli amici mai dimenticati. E con Galileo Galilei. Naturalmente ci sarà un omicidio da risolvere. Inoltre, in questi giorni sto affrontando la fatica della revisione del terzo, il cui titolo probabilmente sarà “Relatività centrale”, che a tutti gli effetti è il seguito dovuto di “Nucleo centrale”. Ancora Napoli, ancora omicidi eccellenti, ancora fisica. Con Einstein e la sua teoria della relatività.
Ho cercato di rispondere con sincerità e rispetto.
I miei più cordiali saluti.
Napoli, 22 marzo 2011



giovedì 17 marzo 2011

Benvenuto tra gli amici di Lombino

Il commissario Arcangelo Lombino vive e lavora a Napoli. Adora la buona cucina, la fisica nucleare e tanto altro. La sua prima indagine è raccontata nel libro "Nucleo centrale" edito da Arduino Sacco.


Non solo noir a Napoli
Un delitto eccellente scuote il cuore antico di Napoli.

Salvatore Imperio, capo clan feroce e determinato, è stato assassinato con i sei colpi di una trentotto special sulle scale di una delle tante chiese della città. Titolare delle indagini il commissario Lombino. Arcangelo. Che da sempre ha un conto in sospeso con la fisica nucleare. E da troppo tempo con l’avvenente dottoressa, dal cognome impegnativo, Scarfoglio. Margherita. Pubblico ministero.

Il delitto è chiaro nell’origine e nelle conseguenze. È certezza. Di molti.

Solo che tra Feynman, genio della fisica, e Carmelina, tata, o presunta tale, affidabile e mariola, i molti caffè e le poche verità, un vice, ambizioso e insicuro, e un informatore infido e autorevole, un Negroni e la pallanuoto, il commissario Lombino di dubbi ne ha fin troppi. Tanti da essere costretto a convincersi che non c’è nessuna certezza nella morte violenta di Salvatore Imperio. Non nelle conseguenze. Tantomeno nell’origine.

In una Napoli comunque presente, in un prisma di gelosia e lealtà, furberia e generosità, sfacciataggine e ritrosia, organizzazione e disordine, sensualità e timidezze, capirà che la spiegazione di tutto sta in ciò che la città stessa ha ormai dimenticato, il rispetto di sé.

E non vi saranno più certezze. Non quelle di sempre.