Per
chi ha seguito la saga del commissario Lombino non è stato facile entrare nelle
corde della giovane ispettrice de Asmundiis, così apparentemente lontana
dall’amato protagonista della prima serie. Lontana per genere, età, gusti ed
estrazione sociale. Il lettore, con ancora nella mente l’eco della “zolla”
lucana, viene immerso nel perbenismo d’una famiglia i cui cognomi (Carafa de
Asmundiis, Colonna de Raho) bastano, da soli, a tradirne le nobili origini. C’è
tutta la Napoli bene in questo romanzo, ci sono l’opera lirica, i cibi
raffinati, i capi firmati. E la presenza attenta e discreta d’un anziano
maggiordomo non suscita nell’immediato la simpatia della ormai mitica tata
Carmelina, figlia del popolo, ignorante eppure
imbattibile nella sua sagacia.
Tuttavia,
superata l’iniziale diffidenza, si scopre che le pagine scorrono via veloci
grazie alla trama intrigante, al linguaggio scorrevole e accattivante, alla vena d’ironia che
attraversa tutte le pagine.
Napoli
è sempre sullo sfondo con le sue mille contraddizioni e con la criminalità
organizzata. Un feroce delitto viene consumato nel centro storico della città. La bella
e coraggiosa ispettrice de Asmundiis non è solo la coordinatrice delle
indagini, ma la protagonista di una complessa e tragica vicenda personale che
la metterà a dura prova e la costringerà a fare i conti con se stessa, con il
dolore, la rabbia, l’orrore, il senso di
colpa. E il finale non è scontato.
La
trama avvince e convince e Ferrone non delude, ci regala un altro personaggio
originale che con la sua umanità, la sua forza e la sua determinazione lascia
il segno nella mente e nel cuore dei lettori.
Ros