martedì 22 marzo 2011

Intervista a Controsenso

  1. Il mio rapporto con il genere giallo è viscerale. E indissolubile. Per molti anni, un po’ stupidamente, ho pensato che gli unici libri che andassero letti, a parte ovviamente quelli imposti dai doveri dello studio o della professione, fossero i gialli. O i noir, o i thriller, o i polizieschi. Poi ho capito che sbagliavo, e ho cambiato idea. Ma la passione è rimasta. Così come la voglia di provarci. Di provare a scrivere. È da tempo, quindi che l’idea mi ronzava in testa. Volevo qualcosa che non fosse un trattato di scientismo investigativo, di psicologia criminologica o uno di quegli intrighi insostenibili e labirintici, che semplicemente m’irritano, ma qualche cosa di agile e accattivante. Che fosse altresì un’occasione di libertà. Per me. Senza mai dimenticare gli “spiragli di umanità” che anche in una città difficile, complicata e, a tratti, irrimediabilmente violenta come Napoli sono certamente presenti. Nucleo centrale, perché sono da sempre appassionato di Fisica, di quello che affronta e di come lo affronta. Non ho le competenze scientifiche specifiche, perché ho fatto altri studi, ma conosco i problemi nella loro dimensione ontologica, di ricerca e di spiegazione. Quasi di una ricerca di significato ultimo. Io non credo che la scienza sia o possa essere la risposta a tutto o, meglio, alla domanda di senso che ognuno di noi è. Ma allo stesso tempo è certamente uno strumento terribilmente prezioso, oserei dire unico. In questo senso è centrale. Ma il cuore di questa centralità, il nucleo vero è, e resta, quello che con sintesi mirabile G. Greene definisce “il fattore umano”. Il titolo, quindi, che per certi versi può, o potrebbe, apparire a sensibilità attente come un’inspiegabile tautologia, riflette in realtà due dei piani di possibile lettura del libro. Mi sono sforzato, e sta ai lettori dire se vi sono riuscito, di portare avanti con equilibrio e con un ritmo il più possibile intrigante, questi piani, utilizzando con prudente e ostinata caparbietà registri linguistici differenti e diversificati capaci, però, al contempo, di integrarsi in un unicum, spero gradevole. Oltre che dignitoso.
  2. Non faccio riferimento ad alcuna esperienza particolare. Ho l’età dell’esperienza. E le letture mi sono state senza dubbio di aiuto. Inoltre vivo a Napoli da troppi anni ormai e, per ciò stesso, ho avuto la ventura di conoscere nel tempo una mirabolante miriade di persone, personaggi e situazioni al limite, in molte occasioni, di ogni ragionevole comprensione. Per chi abita da altre parti. Non solo. Ho il privilegio di amici affettuosi, competenti e pazienti. Il dialogo serrato e franco con loro mi ha permesso certamente di evitare tanti errori. Faccio mia pertanto la risposta di Hemingway: è solo un romanzo. Meglio è solo un faticoso, a volte faticosissimo, divertissement.
  3. Sono docente con contratto a tempo indeterminato di Chimica e tecnologie chimiche in uno dei più prestigiosi Istituti di Napoli, primo per genesi in Europa. I giovani che conosco, quelli che posso dire di conoscere, pertanto, sono i miei alunni. Ne conosco parecchi a motivo dell’età e degli anni d’insegnamento. Apparire, avere successo e soldi. Tanti, soldi. Il divertimento sempre e comunque, nessun sacrificio o rinuncia, nessuna dignità della conoscenza e del lavoro. E ancora di più. Questo sembra essere il profilo certo e senza speranza dei miei alunni. E, secondo molti, dei giovani di oggi. O almeno della maggioranza di essi. Io non ne sono convinto. Anzi. Non dico che non vi sia una terribile e triste deriva, per certi versi inarrestabile, verso una delegittimazione della responsabilità, del dovere e del sacrificio. Sostanzialmente una fuga dalla serietà e dalla fatica, ma anche delle gioie, della vita, per quella che essa è. Concretamente e realisticamente. Però, dopo tanti anni d’insegnamento, ti accorgi che i nostri ragazzi ti chiedono in fondo un'unica cosa, sempre la stessa: di essere considerati; voluti bene; rispettati e aiutati a crescere con serietà. Non tutti, si capisce. E quasi sempre nascondendosi dietro ad insicurezze, paure ed aggressività. Riuscire con lucidità a cogliere questo e a farne con intelligenza fattiva la nostra cosciente ragione di docenti e, prima ancora, di adulti è, secondo me, l’unica efficace speranza. Il resto è marginale. Magari importante, ma strutturalmente marginale. Certo, consiglierei la lettura del mio libro ai giovani, per prima ai miei alunni, a quelli più grandi ovviamente. Semplicemente perché sono sicuro che dopo ci capiremo di più, io e i miei alunni. In quanto agli altri ragazzi, posso semplicemente immaginare, sperare e dire che Nucleo centrale li aiuterebbe a pensare e a scegliere, sempre e comunque, il rispetto della dignità di se stessi e il bene prezioso e irrinunciabile della propria libertà.
  4. La fiera dell’autore è un’iniziativa intelligente, perché mette al centro il vero protagonista, il cuore pulsante, il motore generoso ed inarrestabile del prodotto libro. Che non è l’editore, la cui prepotente importanza credo nessuno, di sicuro non io, vuole negare e, tantomeno, sottovalutare. L’editore è purtroppo, oggettivamente ineliminabile. Bene ha fatto, quindi, Arduino Sacco, con quest’iniziativa, a ribadire ciò che da molti sembra essere stato dimenticato, cioè che il motore primo resta l’autore. Con i suoi limiti e la sua generosità. Con la sua intelligenza e creatività. Con i suoi errori e incapacità. Ma con la passione distaccata dei creativi e il rispetto profondo del lettore.
  5. Vi è un secondo libro, già completato e il cui titolo sarà “Centro immobile”. Lombino torna a casa in Lucania, dove sarà costretto a fare i conti con la madre, la dottoressa Scarfoglio, gli amici mai dimenticati. E con Galileo Galilei. Naturalmente ci sarà un omicidio da risolvere. Inoltre, in questi giorni sto affrontando la fatica della revisione del terzo, il cui titolo probabilmente sarà “Relatività centrale”, che a tutti gli effetti è il seguito dovuto di “Nucleo centrale”. Ancora Napoli, ancora omicidi eccellenti, ancora fisica. Con Einstein e la sua teoria della relatività.
Ho cercato di rispondere con sincerità e rispetto.
I miei più cordiali saluti.
Napoli, 22 marzo 2011



2 commenti:

Maria Rosaria ha detto...

Dopo “Nucleo centrale” si annunciano “Centro immobile” e “”Relatività centrale”. Scopriamo così che il commissario Lombino continua a indagare e lo fa su due fronti: indaga per lavoro e indaga sulla fisica per pura passione. Impossibile non notare nei titoli la ricorrenza della “centralità”, una sorta di filo conduttore che incuriosisce e si fa ricordare, aiuta a “far centro” nella mente dei lettori.
Ros

Enrico ha detto...

Enrico Caria ...non ve lo svelo, sappiate peró che è il degno scrittore di noir che Napoli potrà contrapporre a camilleri carofiglio e vasquez di Montalban, con la chicca ancora più entusiasmante di una narrativa alla Norfolk (va avanti, torna indietro, interseca le storie) e in più riesce a far rientrare nella saggistica le sue passioni pn cucina chimica!!! In bocca al lupo grande Vito!!!!!